Digiovanni ci mostra come si possa stare “In piedi sopra il mare”

Digiovanni è un nome che ancora non conoscevamo da queste parti, ma che con il suo esordio ci ha subito convinti della necessità di parlarne, e di dare spazio al suo “In piedi sopra il mare”, brano del quale diventa difficile non innamorarsi fin da primo ascolto. Almeno, per noi della redazione è stato esattamente così.
Artista con esperienza, frequentatori di più linguaggi espressivi, Digiovanni è una penna che di certo non è nata ieri, né tantomeno oggi: il suo, insomma, è un debutto che viene da lontano, da anni di percorsi e palchi fino ad arrivare a sbarcare sul mercato discografico con il piglio del cavaliere errante, senza macchia né paura. Un artista indipendente, sì, ma nel verso senso della parola: libero cioè da ogni forma di costrizione che i debuttanti (anche quelli più “esperti”) finiscono con il cucirsi addosso nella paura di “non piacere abbastanza”.
Contro l’ortodossia dei codici, Digiovanni sfoggia l’arma dell’originalità autorale, vestendosi di un brano che non risponde ad alcuna logica che non sia la propria: una rincorsa poetica e riflessiva sull’esistenza che raggiunge, nelle strofe finali, un punto di non ritorno nella ripetizione ossessiva dell’immagine giusta che da il titolo al brano. “In piedi sopra il mare” diventa così la meta di un percorso personale che parte da lontano, e che non si ferma alla musica ma bensì si estende, in generale, alla vita.
Il sound rotola con efficacia e convince fin dal primo play: nel groove ostinato e continuo della batteria è impossibile non sentirsi spinti verso il movimento, in una modalità tuttavia diversa dal solito “muoversi a ritmo”; c’è una melodia interiore, un continuo “accentuarsi” del respiro, che finisce con il piegare l’ascoltatore al ritmo del brano, e non viceversa. E non è affatto, oggi, una cosa scontata.
Vediamo che succederà in futuro: intanto, buona la prima per Digiovanni.