Gilberto Ongaro si racconta in una nuova intervista

Gilberto Ongaro si racconta in una nuova intervista

Oggi conosciamo meglio Gilberto Ongaro, mente e cuore del progetto “Gilberto e i Complici” con il quale ha recentemennte pubblicato l’EP “Gerundio“.


Gilberto Ongaro, benvenuto. Musicologo, cantautore e tastierista. Cosa ti senti di essere maggiormente e perché?


Uh che domandona! Ci ho pensato 3 ore prima di rispondere. In teoria dovrei dire che mi sento più musicologo, perché studio Musicologia, recensisco 4 album alla settimana, e sto approfondendo il melodramma. Ma in realtà, mi sento soprattutto compositore. Voglio creare musiche che valorizzino chi le canta e suona. È un sogno imprenditoriale: vorrei poter dare lavoro ai musicisti, con la mia musica.


Inizi con il pop demenziale, passi all’ambient strumentale e arrivi al prog satirico. Ci racconti come è stato questo viaggio?


Non lo vedo come un viaggio. La mia discografia è una casa che costruisco. Iniziando dalla demenziale, direi che son partito dal cesso! Ma capite che è fondamentale avere anche il bagno. Poi ho fatto la cucina, la camera, un piccolo sgabuzzino, il garage, il disimpegno e lo studio. Un amico mi ha aiutato a fare la soffitta, per guardare le stelle. E ora ho fatto la stanza più bella, il salotto, dove vi invito a bere un caffè.

E poi a un certo punto decidi di smettere di cantare e nascono così Gilberto e i Complici… che sarebbero?

A me piace scrivere musica, più che cantarla. Fino a poco tempo fa ho fatto il cantautore solista, perché non trovavo gente abbastanza folle (cioè colta e preparata) da mettersi davanti, al posto mio. Ora finalmente ci sono Laura Presazzi, e alla chitarra Trizio. I Complici però non sono solo loro, ma anche chi mixa le canzoni, l’editore, l’ufficio stampa, e chi decide di venire ai nostri concerti. Siamo tutti complici di diffondere lo stesso crimine musicale.


Debuttate con l’EP “Gerundio”, un lavoro senza “limiti materiali”, a tratti esoterico. Ce ne parli?

Dici bene, è esoterico nel senso più nobile del termine. Per “Gerundio” ho scritto testi criptici, perché così chi ascolta è libero di scegliere a che livello addentrarsi: può soffermarsi alla superficie delle parole, lasciandosi suggestionare dalla musica, oppure può tentare di immergersi. Una cosa è certa: non c’è alcun “nonsense”, come un conoscente mi ha detto. Queste canzoni sono plurisense!


Cosa c’entra “La scuola di Atene” in tutto questo?

C’entra c’entra, perché questo EP è scaturito da un esame di filosofia della musica, e i grandi pensatori del passato mi hanno
dato un vorticoso stimolo al mio personale pensiero latente, che doveva trovare espressione.

E la filosofa Ipazia?

Ipazia è l’unica donna in quell’affresco di Raffaello, anche se c’è chi dice che non sia lei. Nella mia copertina lo è, lo stabilisco io. L’ho messa al centro, perché così la donna fa un passo avanti anziché indietro, come disse qualcuno.


Esiste già nella tua testa un sequel di “Gerundio”? O stai pensando a qualche cosa di totalmente nuovo?

Sì, ma ci sono tante idee sparpagliate, devo fare ordine. Stavolta cercherò di mantenere una coerenza stilistica, restando acustici e minimali. Anche se è forte la tentazione di richiamare il flautista, il cornista, la violinista, metter su basi elettroniche ecc, e fare di nuovo l’arcobaleno di colori barocchi, come in passato. Cercherò di trattenermi, anche per non coprire gli altri due del trio, che dal vivo abbiamo visto che funzioniamo!

Grazie Gilberto, a te le ultime battute…

Ho l’impressione che tutte queste belle riflessioni non vengano lette da nessuno, per cui facciamo un gioco: se tu che leggi sei
ancora qui, torna sul post da dove provieni, e scrivi nei commenti GHIACCIOLO!

a cura di
Redazione

Elisa

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