Sabato sera con Da Blonde a colpi di pugni e carezze

Sabato sera con Da Blonde a colpi di pugni e carezze

Da Blonde è l’artista che non vi aspettavate e che invece arriva a rasserenarvi il weekend con un brano sul quale riuscirete a ballare e a piangere contemporaneamente.

Sì, perché “Sabato sera” è quell’ibrido giusto fra desiderio di leggerezza e profondità oscure che fa bene a tutti per ricordarci che la bellezza è tale solo quando decide di accettare in sé, accanto alla luminosità della sua folgorazione, il tormento dell’oscurità.

Era da tempo che Da Blonde non compariva sulle scene: l’artista campana, dopo aver esordito nel 2017, aveva fatto parlare di sé con un disco, nel 2020, capace di rivelare le attitudini giuste di un’interprete da non perdere di vista: scrittura chiara, senza fronzoli, e una certa abitudine alla melodia che già in “Parlo ai cani” aveva posto Daniela tra gli esordi più interessanti dell’anno pandemico.

Poi, uno stop piuttosto lungo, fatto di evoluzione e ricerca, durante il quale Da Blonde ha saputo resistere ai marosi della vita preparandosi a riprendere il largo, non appena fosse cessata la bufera: e se anche la tempesta, a leggere il testo di “Sabato sera”, sembra non essersi placata, è pur vero che Da Blonde ha saputo ripartire con il piede giusto verso nuovi lidi che sanno di un discorso lasciato a metà (o meglio, alle prime battute) e che ora ha tutta l’aria di volersi trasformare in una bella storia di rinascita. 

La canzone può trarre in inganno, se ascoltata distrattamente o senza conoscere la poetica dell’artista: il lavoro di Massimo De Vita (Blindur, per tutti noi) alla produzione ha permesso di mitigare il senso di un testo che si avvolge su stesso e sui martirii della penna che l’ha scritto, rivelando una sensazione angosciante di “stasi nel dolore” che la via disco-pop dell’arrangiamento riesce solo in parte a stemperare. 

C’è una narrazione personale, in “Sabato sera”, che non è quella del weekend festoso e trionfante, ma piuttosto quella del silenzio che rimane quando il rumore finisce, o meglio, resiste sotto forma di ronzio persistente nella testa di chi è inquieto, come Da Blonde; un ibrido che restituisce la complessità di una scrittura sfaccettata, in tensione fra due poli estremi: la voglia di rivelare un’intimità personale attraverso una poetica impressionista, quasi sfocata; e quel desiderio di arrivare a tutti, di raccontarsi “coram populo” (la nostra è una redazione colta!), che si schiude dalla produzione ammiccante di un brano che riesce a conquistare su più piani, e in momenti diversi. Un ottimo ritorno per una penna che merita attenzione. 

Ilaria Rapa

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