La forza delle correnti spinge Carla Grimaldi verso nuove fasi lunari: alla scoperta della violinista

Ma che ne sanno gli altri di come si possa, nel 2022, avere il coraggio di buttarsi nel mare magno della discografia nazionale, così avvelenata di mediocrità, scarse idee e altre amene decadenze, con un progetto che mira a sabotare ogni certezza dell’ascoltatore, alimentando la percezione di trovarsi di fronte ad un “oggetto culturale” difficile da scardinare quanto necessario da comprendere, apprezzare, stimolare, come tutte le cose che sfuggono alla banalità del male quotidiano?
Ecco, questo per noi rappresenta efficacemente il motivo per il quale abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con Carla Grimaldi, musicista e compositrice che nel corso della sua lunga carriera (nonostante l’anagrafe faccia pensare che sia ancora una sbarbatella, ma è tutt’altro che così!) ne ha già fatte di cotte e di crude lavorando strettamente al fianco di Blindur ed esibendosi sui più prestigiosi palchi nazionali e non (ultimo dei quali, qualche settimana fa, quello del concertone del Primo Maggio tarantino).
Perché lei ha talento nel rendere “pop” ciò che sulla carta dovrebbe essere “appannaggio” dell’accademia, perché i suoi due singoli dimostrano l’esistenza di un percorso ben preciso che merita di essere approfondito, perché ci vuol coraggio a seguire la propria strada, oggi più che mai. Ma che ne sanno gli altri di cosa voglia dire, oggi, “identità”…
Benvenuta sulle nostre colonne, Carla! Inutile dirti che è un piacere averti qui: il tuo è un curriculum di tutto rispetto, che fa venir voglia di porti un sacco di domande. Partiamo da quelle più particolare, come piace fare a noi: ma che ne sanno gli altri di quale sia il posto più assurdo in chi ha suonato Carla Grimaldi?
Domanda difficile! Mi viene da pensare ad un posto assurdo che si trova a Reykjavìk, in Islanda: di giorno barbiere, con arredamento super vintage, di sera locale di musica live. È stato stranissimo brindare a fine live con il Brennivìn (un liquore islandese che vi consiglio di assaggiare se mai vi capiterà di andare in Islanda) di fianco a pettini e forbici. Era il 2016, durante l’Airwaves Festival.
Tra le varie collaborazioni di spicco della tua carriera, sicuramente si fa notare quella con Blindur. Ma che ne sanno gli altri di come sia lavorare con Massimo De Vita, e di come vi siate conosciuti?
Conosco Massimo da ben 12 anni, e l’ho conosciuto tramite il pianoforte: Massimo inizialmente mi ha dato qualche lezione di piano moderno, il resto è storia. Lavorare con lui è estremamente stimolante: è una persona dalla mentalità molto aperta ed estremamente attenta e propositiva, due doti che sono fondamentali in un musicista e produttore… basti pensare che ha trasformato the Moon and the Tide in un pezzo che strizza l’occhio al pop, mentre inizialmente io avevo in mente un brano etereo e quasi totalmente acustico, e ne sono molto contenta!
Nell’era della rincorsa alla canzonetta, tu ti dedichi all’approccio sinfonico di una scrittura eminentemente musicale. Ma che ne sanno gli altri se Carla Grimaldi non ha mai pensato a “scrivere una canzone”?
Sarò sincera, non ci ho mai pensato! La scrittura “con parole” non è proprio il mio forte… mi sento molto più a mio agio a parlare con il mio violino e con dei beat di elettronica. Ma mai dire mai!
Parliamo di musica: dopo l’esordio con “Nebula”, oggi torni con un brano dedicato alle maree e alla luna. Perché?
Ho immaginato un viaggio nello spazio, che partisse dalle culle da cui nascono le stelle (le nebulose) e arrivasse sulla Terra. Una sosta intermedia ci stava tutta, e mi è piaciuto immaginarla sulla Luna! Sono sempre stata affascinata dall’ idea che l’attrazione gravitazionale tra la Luna e gli oceani generasse le maree, e da come queste ultime avessero il potere di modificare drasticamente il pesaggio. The Moon and the Tide vuole descrivere proprio questa mia fascinazione.
Raccontaci come hai lavorato al brano: ma che ne sanno gli altri di cosa significhi, oggi, fare musica?!
Non è una cosa facile da spiegare, l’ispirazione è arrivata il 2 Gennaio, mentre suonavo da sola. Da lì ho registrato una linea melodica, che è poi diventato il tema, e varie linee secondarie, ma non avevo bene in mente la struttura generale. A questo punto mi è venuto “in soccorso” Massimo, che ha sapientemente visto oltre la demo, immaginando una descrizione sonora delle mie suggestioni.
Tra l’altro, hai collaborato anche per questa pubblicazione con Apnoea, che si è occupata del tuo styling scegliendo per te alcuni outfit particolari, che fossero capaci di raccontare il brano… ci racconti come nasce il vostro rapporto, e che tipo di lavoro di “narrazione” fotografica avete svolto?
Apnoea per me è parte integrante del mio progetto, l’intesa con Pina Pirozzi ed Enzo Della Valle è totale. Così come per Nebula i loro abiti mi hanno trasformata in un’astronauta e in una cratura aliena, questa volta grazie a loro ho vestito i panni della Luna e della Marea, appunto… due ipotetiche divinità archetipiche, la cui suggestione ha poi guidato il sapiente occhio di Enrico Pascarella, un fotografo straordinario, che riesce sempre ad interpretare il mio suono trasformandolo in immagine. Aggiungo infine che per questo brano ho anche collaborato con l’artista Mario Baldascino, che ha realizzato per me una perfetta illustrazione, diventata poi la copertina del singolo.

Stai già pensando al “Live”? Hai già in mente con quale formazione potrai presentarti sul palco? La proposta musicale non è certamente “abituale” per club e pubblico italiano…
Sto iniziando ad immaginare un live set terzetto d’archi ed elettronica. So perfettamente che la mia proposta artistica è un pò inusuale per i live club italiani, ma non ho intenzione di costruire un live set esclusivamente da ascolto. Di fatto sarà la celebrazione della bellezza in natura, quindi non potrà che essere un live gioioso e dinamico.